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Tre amici Mario, Pietro e Stefano si riuniscono per una cenetta e decidono di mangiare la pasta alla carbonara cucinata da Mario. Si ritrovano davanti al piatto fumante, che si presenta particolarmente invitante. Al primo assaggio Pietro fa i complimenti a Mario: “Ottima, al dente, cremosa, proprio come vuole la tradizione romana… Mario è spettacolare! Anche se io avrei aggiunto un po’ di pecorino in più, gli avrebbe dato …” Stefano pronto a replicare, interrompe Pietro dicendo: “Noooo… il sapore del pecorino avrebbe prevalso, mentre in questo equilibrio delicato, si sente molto bene il sapore del guanciale … Mario veramente buona nulla da dire… io per i miei gusti, ma solo per i miei gusti, avrei osato con più pepe visto che si chiama carbonara …”

Tre persone, tre opinioni diverse, tre gusti diversi, tre scelte diverse, tre comunicazioni diverse… tre carbonare diverse.

Vi è mai capitato di verificare che nel preparare una pietanza siete clementi con voi stessi, mentre nel giudicare quella preparata da altri non lesinate osservazioni sulle eventuali “mancanze”? E vi è mai capitato di reagire con fastidio pur riconoscendo corretta l’osservazione sulla vostra pietanza?

Nella comunicazione si vive questa medesima condizione.

È fondamentale verificare!!! Anzi bisogna chiedere pareri sul proprio lavoro, senza timore, senza vergogna, se veramente si vuole migliorare.

Abbiamo perso la capacità di osservare e comprendere il linguaggio non verbale, e facciamo sempre più fatica a mantenere l’attenzione su qualcuno o qualcosa. Sentiamo le parole, ma ascoltiamo e tratteniamo solo quel che ci interessa. Fingiamo di ascoltare per educazione, per cortesia, per gentilezza.

In ambito cattolico assistiamo spesso a comportamenti autoreferenziali: si parla di Dio da un piedistallo costruito con le sicurezze e le presunzioni di essere efficaci comunicatori della buona novella, maestri certificati perché conoscitori del suo valore e quindi automaticamente degni di ascolto e credibilità, delle vere “autorità” in merito! Il valore del messaggio non si discute: discutibile è invece una modalità che crea distanza non solamente dall’interlocutore, ma dalla semplicità e umiltà della Parola che si fa spazio “scendendo”, chiedendo di vivere nella carne dell’uomo di oggi. Un uomo che cambia, che cerca, che lotta e spera di trovare la prossimità del Dio Vivente. Come ho scritto nel primo articolo, il mondo è cambiato, il lavoro è cambiato, la società è cambiata, la trasformazione così repentina avvenuta negli ultimi 30 anni ha stravolto le regole del vivere, di conseguenza il pensiero dell’uomo e delle donne di oggi. Viviamo in una società dove l’unica certezza è l’incertezza, e l’unica costante è il cambiamento. Ma noi continuiamo a parlare di Dio con il linguaggio del 1950: il Concilio Vaticano II ha aperto nuove vie, indicate dallo Spirito Santo, per rispondere alle nuove sfide che viviamo nella società moderna, per parlare ogni lingua, entrare nei meandri inesplorati con misericordia e attenzione. Con rispetto e stimolando l’assunzione di responsabilità per la crescita nel bene personale e comune. Ma quanti suggerimenti di quell’evento di grazia sono stati messi in pratica? Ci rendiamo conto della poca credibilità delle “persone di Chiesa” che seguono la logica inversa dell’Incarnazione, uno dei fondamenti della nostra fede?

Non possiamo dire che il messaggio Cristiano sia superato, sarebbe il colmo, non possiamo affermare che il Vangelo non è più adatto ai tempi sarebbe assurdo, sempre per noi cattolici… forse siamo noi a non essere adeguati, ad essere troppo “distratti” nel seguire le coordinate della nostra chiamata ad essere testimoni. Forse. Intanto, la gente che frequenta le parrocchie la domenica non supera il 4% della sua popolazione, le vocazioni diminuiscono, le Chiese sono vuote e dobbiamo chiuderle, e noi perdiamo tempo a dare la colpa agli altri. Che non ci ascoltano. Non capiscono. Chissà se per loro ci sarà speranza di salvezza… Troppo pepe sulla loro carbonara!!!

E se cominciassimo a chiedere con rispetto di un’elaborazione della ricetta dovuta ad una particolare esperienza: “Perché metti così tanto pepe? Non ti sembra che sia inopportuno?” Forse potremmo mettere l’interlocutore nella condizione migliore per dirsi: “Eh si… è vero. Così soffoco i sapori. Così soffoco il sapore della vita. Hai ragione, provo a metterne meno: dammi il tempo di sperimentare e gustare questa nuova ricetta e ti farò sapere”. Una carbonara potrà pure non essere saporita, ma la vita… no, non possiamo permetterci di toglierle il sapore con la nostra superbia. Il messaggio di Cristo è vita vera: dopo aver toccato il nostro cuore e averlo riempito, necessariamente traboccherà e toccherà altri cuori, perché è sua natura. Cerchiamo di non snaturarlo nella sua dinamicità che crea, risana, riempie. È possibile che laici, religiosi, sacerdoti, uomini di fede, non riescano a divulgare il messaggio fondamentale? Che poi è amore vero ed eterno. Ma noi… amiamo veramente di quell’amore che ci è stato consegnato? E che è anche infinitamente creativo? Possiamo anche fallire per debolezza, ma non perseverare nel fallimento non ammettendo che anche noi possiamo sbagliare e imparare dall’errore.

Entrare in relazione con il mondo, non vuol dire adeguarsi alla “cultura dell’apparenza”, perché noi entriamo in relazione da testimoni: per essere moderni e giovani che vivono nel mondo ma non sono del mondo. Non lo disprezzano, ma non si lasciano corrompere nel cercare e custodire la bellezza di un mondo in cui Dio vive anche attraverso di noi. E’ faticoso ammettere le proprie fatiche, le mancanze nonostante le buone intenzioni, ma siamo di natura fallibili: ammetterlo lascerà spazio alla creatività dello Spirito per ricostruire sulle macerie qualcosa di utile per edificarci ed edificare. Non cerchiamo alibi.

Secondo i criteri del sistemo economico, il bilancio annuale in crescita, è verifica di saggi investimenti: noi non possiamo verificare incrementi di fedeli. È vero che il valore del cristianesimo non si misura sui numeri, ma noi dobbiamo darci comunque da fare perché dovrebbe starci a cuore che un numero sempre maggiore di persone sperimenti la nostra gioia. Se c’è. La gioia di seguire Cristo e di seguirlo insieme.

La verifica è doverosa: cosa e come stiamo comunicando la nostra esperienza di fede? L’efficacia, in che misura dipende dall’interlocutore e in quale da me? Chi comunica deve sempre essere consapevole che le sue parole non assumeranno per il destinatario un significato prestabilito: occorre conoscere con pazienza l’espressività delle persone che desideriamo raggiungere, perché il messaggio che comunichiamo non resti nebuloso, o ambiguo, o incomprensibile. Non giudichiamo, non è di nostra competenza. E cerchiamo di non perseverare negli errori, che non diventano “sacri e intoccabili” per le buone intenzioni che abbiamo: servono per crescere e per ricordarci che l’impegno di accordarci con lo Spirito deve essere costante anche nella nostra vita, perché siamo in cammino come tutti e con tutti.

È meglio dire: “Non mi sono spiegato” e mai “Tu non hai capito”.

Una buona comunicazione è semplice, richiede amore nello scegliere gli ingredienti di qualità e “ascoltarli” nelle loro caratteristiche perché si fondano il più perfettamente possibile. Quando si taglia a striscioline il guanciale e si mette in una padella, si sente appena appena lo sfrigolio, cui segue lo sprigionarsi di un profumo inconfondibile (a proposito il guanciale non la pancetta, sarebbe un’altra ricetta). Grattugiati 50 gr di pecorino DOP fresco e un rosso d’uovo a persona, mescolate per formare una crema dal colore simile allo zabaione: aggiungete pepe a piacere, unite il liquido ottenuto dalla cottura del guanciale, miscelate bene e appena la pasta è arrivata a cottura, al dente, scolatela lasciando un mestolo della sua acqua. Versate la pasta nella padella e fate saltare per mantenere il calore alto: dopo un minuto, versato il composto di uova e pecorino nella padella, tolta dai fornelli, mescolate ancora, aggiungendo un po’ quell’acqua messa da parte e amalgamate con pazienza e sentimento fino raggiungere una cremosità avvolgente. Impiattate completando con aggiunta di pecorino e pepe. La vostra carbonara sarà eccelsa, nel rispetto di tutti gli ingredienti usati al meglio, secondo le loro caratteristiche. Ed eccelsa sarà la vostra comunicazione, se userete lo stesso procedimento.

Massimo Ilardo

Roma 16 giugno 2022                                                                                       

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